2021



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Le fotografie

– L’altarino di Ridolfo del Ghirlandaio conservato al Metropolitan Museum di New York.

– Particolare del San Filippo Benizi del Perugino, 1507, Galleria Nazionale d’Arte Antica di Roma. Ne ha scritto p. Eugenio Casalini in “La tavola dell’altar maggiore della SS. Annunziata di Firenze” in quanto era uno dei quadri piccoli che componevano l’altar maggiore di Baccio d’Agnolo (1500, non più presente).

– Le ante del retro dell’altarino con sopra dipinta a chiaroscuro l’Annunciazione dell’angelo a Maria.

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«La Poliantea mariana. I Molti Fiori di Ippolito Marracci»


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L'«ALTARINO» DI RIDOLFO
del Ghirlandaio (Rick Scorza)


‘The Iconography of Ridolfo Ghirlandaio’s Altarino’ è il titolo originale di questo saggio scritto dal professor Rick Scorza ed edito dal Metropolitan Museum Journal, 46, 2011. È dedicato a Fra Eugenio Casalini (1923–2011). In Memoriam.

L’autore ricorda che, dopo essere state separate per diversi secoli, le parti dell’altarino-altare portatile di Ridolfo Ghirlandaio (1483-1561), dipinto nel 1509-1515 circa (olio su legno), furono riunite a Ottawa nel 2005 in una mostra sull’arte nella Firenze rinascimentale curata da David Franklin. Il pannello centrale e le sue ante mobili interne erano (e sono) conservati al Metropolitan Museum di New York e i pannelli esterni, dipinti con l’Annunciazione a chiaroscuro e visibili solo ad altarino chiuso, alla Queen’s University di Kingston (Canada).
Si tratta di un oggetto usato per la devozione privata, in particolare negli ambienti monastici. Il contesto che ha portato alla sua realizzazione è dato dalla presenza nel pannello centrale di un giovane frate in abito nero inginocchiato assieme alla Vergine. Non è un benedettino, come spesso si presume, ma un religioso dei Servi di Maria, Ordine che fu devoto im modo speciale alla Madonna.
Ampie prove – scrive Scorza – dimostrano che si tratta di Filippo Benizi (1233-1285), il Santo Padre dei Servi che qui è rappresentato da giovane, con un’espressione serena nel viso un po’ scarno per la pratica della mortificazione corporale. Il naso aquilino è poco pronunciato, la fronte è alta, la testa tonsurata è graziosamente bombata e le labbra sono ben fatte.

Sono lineamenti molto simili, se non identici, a quelli del ritratto di Filippo Benizi del Perugino conservato nella Galleria Nazionale d’Arte Antica di Roma. Quest’ultimo mostra tutti i suoi attributi iconografici: il giglio, l’emblema dei Servi e il libro aperto con l’iscrizione del Salmo 115:6: SERVVS SVVS SVM EGO ET FILIVS ANCILLAE TVA (Io sono il tuo servo e il figlio della tua serva). Molto simile è anche il suo cosiddetto ‘vero volto’, un busto di terra cruda a grandezza naturale conservato alla SS. Annunziata.
Nel pannello dell’altarino tuttavia non viene rappresentato un evento specifico che riguarda il santo. Forse può richiamare un episodio della Legenda perugina, dove si racconta che il giovane Filippo era immerso in preghiera davanti a un’immagine del Cristo crocifisso, incerto sul suo futuro e in cerca una guida. Mentre pregava, era stato avvolto da uno splendore di luce e Cristo gli aveva parlato, incoraggiandolo ad alzarsi e a lasciare Firenze per un luogo montuoso che presto gli sarebbe stato rivelato. Era Montesenario che nel pannello è mostrato in lontananza in alto a sinistra con il monastero dei Servi sulla cima. Incontrato il priore Bonfiglio, uno dei Sette Santi Fondatori, Filippo era stato ammesso nell’Ordine.

Da qui e da altri motivi si avverte come la composizione dell’insieme pittorico dell’altarino sia stata molto meditata. Con le ante chiuse, lo spettatore vede l’Annunciazione, soggetto azzeccato, visto che la chiesa madre dell’Ordine, la SS. Annunziata di Firenze, conserva la miracolosa Immagine duecentesca tanto venerata e celebrata.
Ad ante aperte rivela la manifestazione divina del messaggio dell’angelo nel Cristo infante adorato da Filippo.
I personaggi dipinti sulle ante interne adiacenti raffigurano San Pietro e San Paolo, il cui esempio ispirò il modo di vivere dei frati dell’Ordine, e Sant’Agostino, con in mano la Regola seguita dai Servi di Maria, e un aspersorio per le funzioni liturgiche.
La posizione corrispondente sull’anta opposta è occupata da San Giovanni Evangelista, con un abbinamento logico, dal momento che le Omelie di Agostino sul Vangelo di San Giovanni furono tra le sue opere principali.
I testi dei Servi, tuttavia, non sembrano fornire alcuna spiegazione ovvia per le due sante inginocchiate in primo piano, forse dipinte per devozione personale del patrono.
Sono state precedentemente identificate come Santa Cristina a sinistra, per la freccia a terra davanti a lei, e Santa Dorotea a destra, per le rose in grembo. Potrebbero, nondimeno, rappresentare Sant’Orsola sopravvissuta alle frecce dei suoi aguzzini e Santa Elisabetta d’Ungheria, convenzionalmente raffigurata con le rose raccolte nelle pieghe della veste.
Il patrono rimane anonimo. Forse fu un servitore di alto rango o uno dei priori generali dell’Ordine: i frati Ciriaco da Foligno, Clemente da Mantova o Angelo d’Arezzo, che ricoprirono l’incarico rispettivamente nel 1509, 1511 e 1512.
L’immagine centrale di Benizi che adora Gesù Bambino inoltre sembra essere senza precedenti come motivo iconografico – in seguito sarebbe stato più comunemente associato ai francescani. Ma, ancora una volta, è del tutto in linea con un passaggio particolare della Legenda beati Philippi del XIV secolo, dove si spiega che la Vergine lo aveva scelto perché tra tutti i santi esemplificava di più la vita terrena di suo Figlio. E traccia un parallelo diretto tra la santità del Neonato e le qualità intrinseche del giovane frate, spiegando così la giustapposizione della Vergine e del Benizi davanti al Bambino.
Curiosamente, mentre entrambi sono persi nella preghiera, l’artista ha raffigurato più lontano Giuseppe che trattiene una figura in abiti civili (piuttosto che un pastore) dall’offrire un agnello al Bambino. L’agnello – l’ Agnus Dei – prefigura simbolicamente il sacrificio di Cristo. Nel contesto narrativo di questa sacra conversazione è l’allusione alla Sua morte, tenuta fermamente sullo sfondo mentre la Vergine e Filippo si inginocchiano in adorazione davanti a Lui vivente.

Traduzione e riassunto di Paola Ircani Menichini,
16 ottobre 2021.